A meno che voi non vogliate coprirvi solo di centrini per questo inverno, credo sia meglio iniziare ad affrontare il discorso “maglia” grazie alla nostra Enciclopedia della donna, quella targata Blondissime e datata 1973 (il vero anno di nascita della Fabiana anche se non lo ammetterà mai).
Lo dico perchè in questi giorni è uscita in libreria la vera Grande Enciclopedia della Donna targata a suo tempo da Fratelli Fabbri e oggi ripubblicata da Rizzoli con introduzione di Lella Costa (respect).
Il mio invece non è altro che un libro sul taglio, cucito, ricamo e altri lavori “femminli” intitolato “L’ago e il filo”, ma le sue introduzioni e le spiegazioni sono scritte con un tono talmente entusiasta che ha tratti sembra quasi puro fanatismo religioso. Leggere per credere.
Se col lavoro all’uncinetto si può scherzare, col lavoro a maglia si fa sul serio. Abbandonato il ruolo di gioco piacevole, il lavoro a maglia assume dimensioni e fisionomia di una vera scienza. Tanto è ricco di regole e controregole da ricordare ed applicare, tanto è privo di indulgenza per distrazioni e pentimenti. (E probabilmente le espertissime del lavoro a maglia nascondono una lucida mente matematica sotto un aspetto mite e casalingo).
È comunque, il lavoro a maglia una disciplina rigorosa ma ricchissima di soddisfazioni, e conoscerne man mano i lati più segreti, e assimilarli, e applicarli nel modo giusto, è un’avventura piacevole e solleticante. Come spiegare infatti la gioia, il vero “senso di liberazione” che coglie quando si vede fiorire miracolosamente sotto gli aghi il punto più elaborato che era stato fino a poco prima solo una formula zeppa di monosillabi?
L’alloro della costanza, poi, incorona chi è riuscita a farsi un abito intero, o un soprabito, vera tesi di laurea della vocazione.
Così, già addestrate in gran parte agli asterischi e alle frasi sibilline dall’esperienza fatta con l’uncinetto, ci si può addentrare a cuor leggero nel mondo ancor più vasto del lavoro a maglia, espresso con parole limpide e - si spera - chiarificatrici, e con una documentazione fotografica più eloquente di qualsiasi discorso.
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